Le cellule staminali per la rigenerazione dei tessuti oculari


    Introduzione:


    L’obbiettivo
    è il trattamento di un deficit progressivo di cellule oculari, conseguente a patologie degenerative, traumatiche o iatrogene.


    L’utilizzo di cellule autologhe
    annulla le problematiche da trapianto d’organo: rischio di rigetto e tossicità della terapia immunosoppressiva nonché di vidimazione etica. Le cellule staminali, in particolare, sono i mezzi più promettenti al servizio dell'oculistica rigenerativa in qualità di cellule indifferenziate, che si auto-mantengono e che danno origine a progenie cellulari diverse: oltre ad avere la possibilità di riparare direttamente il danno oculare, si integrano nel tessuto “patologico” con riattivazione ed induzione di capacità “autorisananti” delle cellule dell'ospite nonché di veicolo per il trasporto di molecole trofiche, anti-angiogenetiche e anti-apoptosiche.


    Di converso basta rapportarsi ad esempio all'ulteriore allungamento della vita media, alle sempre più lunghe liste d’attesa e alla scarsità dei donatori connessi ai trapianti di cornea, lamellari “a strati“ - anteriore o posteriore- e/o perforante a tutto spessore, che comportano tecnologie e costi chirurgici elevati con una immunosoppressione continua nei pazienti a più alto rischio nonché con maggior carenza di tessuto disponibile.


    Le fonti di cellule per l'apparato visivo


    Le fonti di cellule per l'apparato visivo sono molteplici, per lo più umane autologhe:

    • cellule staminali embrionali pluripotenti (problemi etici, di rigetto, di trasformazione neoplastica), multipotenti da tessuti placentari (da cordone ombelicale) e da tessuti adulti (midollo osseo, tessuto adiposo, sistema nervoso centrale, cuoio capelluto, ecc);
    • cellule corneali limbari;
    • cellule iridee(epitelio pigmentato);
    • epitelio pigmentato retinico( prelevato dall'occhio controlaterale);
    • adipociti endorbitari;
    • cellule di Schwann.


    In più o meno gravi danni alla cornea o in presenza di trombosi venose retiniche potranno essere applicate, a più riprese, speciali lenti a contatto morbide “ricoperte” da cellule staminali autologhe mesenchimali e/o di derivazione emopoietica. Queste cellule, con innesti pluricellulari, determinerebbero in particolare una “retino-riparazione” con sopravvivenza oltre i 6 mesi, migrazione costante verso il sito di danno ed integrazione da variazioni del microambiente molecolare(citochine, ecc) e/o una “retino-protezione” con “effetto vettoriale” per fattori di crescita come NGF/B-FGF/CNTF/GDNF(blocco/rallentamento della perdita dei fotorecettori) e PEDF(anti-angiogenesi, anti-apoptosi e incremento del trofismo dell'epitelio pigmentato retinico), tipo installazione di “micropompe” in loco.


    Ad oggi la via di elezione dell'auto-innesto retinico risulta essere quella trans/endovitreale mediante vitrectomia mininvasiva -23/25 gauge- (rispetto alla via trans-sclerale posteriore) nonché per la possibilità di monitoraggio con SLO/microperimetria, OCT3, ERG multifocale, VECP e RMN funzionale. Gli auto-innesti pluricellulari, costituiti in particolare da cellule staminali mesenchimali umane, potranno curare, con varie modalità, varie patologie oculari per lo più ad oggi sine terapia o a rischio evolutivo/recidive nonché in forte aumento sempre per l'allungamento progressivo della vita media (ad esempio la degenerazione maculare senile che triplicherà nei prossimi 20 anni):

    • ustioni, causticazioni e neoplasie palpebrali;

    • “riconessioni” ossee orbitarie post-traumatiche;

    • strabismo;

    • deficit o asportazione della ghiandola lacrimale;

    • causticazioni congiuntivali e pterigio;

    • scompenso corneale cronico, cheratopatia bollosa e distrofie/degenerazioni corneali;

    • glaucoma cronico semplice;

    • degenerazione maculare (umida/neovascolare -20%- e secca/atrofica -80%-);

    • retinite pigmentosa;

    • neuropatie ottiche( fasi precoci).



    La valutazione in vitro di vari parametri cellulari come la crescita, la vitalità, la morfologia, l'immunofenotipo ha dimostrato come l'utilizzo adiuvante e a basse concentrazioni del desametasone ha un effetto meno tossico, con effetto inibitorio sull'apoptosi indotta dalla “confluenza” in vitro delle cellule staminali mesenchimali umane e con capacità di supporto al microambiente d'innesto.


    La verifica mediante colture in vitro degli AntiVEGF sistemici impiegati per via vitreale (pegaptanib, ranibizumab, bevacizumab, bevasiranib, Vegf trap, ecc), con o senza cellule staminali mesenchimali e/o cellule della linea retinica umana ARPE19, permetterà di valutarne definitivamente la reale utilità o l'effetto complementare, anche come “device” a lento rilascio.



    Le prospettive della ricerca

    In particolare nell'ambito della neurogenesi della retina è indispensabile verificare la localizzazione topografica completa nonché della possibilità di agire sulle cellule staminali endo-oculari presenti, partendo dalla evidenza che alcuni pesci possono - se necessario - auto-rigenerare l'intera retina in caso di danno della stessa. Si tratta quindi di determinare tutte le sedi delle cellule staminali quiescenti contenute nell'occhio umano: con l'identificazione di uno o più fattori inibitori che inducono lo stato d'inerzia si potrebbe ricercare la “chiave” della loro inattività per ottenerne poi la riattivazione, con o senza auto-innesto ulteriore o più semplicemente stimolandole in loco/in laboratorio affinché crescano, si espandano e si differenzino adeguatamente.

    Su queste prospettive va razionalizzata la necessità di creare e di realizzare un progetto di massima integrazione scientifica multidisciplinare clinico-biologica: ad oggi molto spesso i risultati della ricerca biologica di base sono disgiunti dalla pratica clinica.



    Lo stato dell'arte della ricerca

    Lo stato dell'arte di queste ricerche è localizzabile nel complesso passaggio dalla sperimentazione animale a quella diretta sull'uomo in termini di auto-innesto (innesto autologo) e non di trapianto cellulare oculare, previo standardizzazione e tipizzazione cellulare - quantitativa e qualitativa - nonchè eventuale amplificazione in vitro ed attechimento in loco mediante farmaci adiuvanti.

    Quanto sopra si pone alla luce di questo innovativo settore di ricerca oculistica e cioè la rigenerazione del tessuto oculare attraverso l'impiego di cellule, istituendo quindi una terapia di fatto cellulare “autologa”. In campo oculistico i pazienti affetti da alcune patologie, in crescente aumento statistico-epidemiologico, tipo glaucoma, degenerazione maculare senile e retinite pigmentosa erano tradizionalmente considerati inguaribili: tutte le terapie a disposizione mirano unicamente a prevenire l'ulteriore perdita di elementi cellulari.

    L'utilizzo della terapia cellulare per queste ed altre malattie, invece, permetterebbe la reintegrazione con nuove cellule, la riattivazione degli elementi considerati persi e la disinibizione delle cellule in sitù “dormienti”. Si potrà arrivare in struttura complessa d'eccellenza dedicata (biologica-clinico-chirurgica oculistica) alla creazione integrata di una “ocular cell and tissue factories”. In quest'ambito poi, nell'immediato post-mortem, il prelievo di cellule nervose retiniche umane né permetterà l'utilizzo per alcune malattie neurologiche altamente invalidanti. Inoltre le staminali adulte prelevate dal midollo osseo o dai capelli del paziente stesso potranno, in casi particolari (ad esempio per danni retinici estesi e/o se non si auto-modulano in loco), essere ri-programmate ed espanse in vitro rendendole embrionarie (senza alterarne il DNA), con successivo autoinnesto oculare.

    Il confronto è anche con la messa a punto dell'"occhio bionico", dell’inserzione retinica di microchips e della terapia genetica oculare, altre prospettive per i non vedenti:

    • la "retina artificiale", in termini di biomateriali e biotecnologie, non potrà raggiungere i risultati ottenibili con la "retino-rigenerazione" e la "retino-protezione" indotta da terapie biologiche mirate in loco – mono/pluricellulari -, ripetibili e reversibili; il confronto è comunque stimolante nonché interscambi sono possibili ma non è pensabile per il futuro che le linee progettuali di ricerca dell’occhio bionico e della riabilitazione oculare biologica, seppur avvincenti e suggestive, potranno integrarsi e raggiungere risultati univoci e/o complementari;

    • la terapia genetica oculare potrà essere promettente ed adiuvante ma ad oggi la mancata decodificazione completa del codice genetico pone problematiche di premessa già di per sé apparentemente limitanti (ad esempio la eventuale identificazione di una singola mutazione correlabile ad una malattia oculistica genetica); non è pensabile ad oggi che la sola sostituzione di un unico gene “malato” possa di per sé modificare la retina patologica in alcune delle malattie genetiche oculistiche in cui più geni risulterebbero danneggiati e coinvolti; si vedrà se per il futuro sussisteranno reali presupposti genetici/biologici, complementari e in che percentuale, possano supportare ed implementare le attuali innovative applicazioni biologico-chirurgiche vitreo-retiniche;

    • le innovazioni elettrofisiologiche oculari, soprattutto di monitoraggio prima e dopo, risulteranno invece molto importanti, in particolare per valutare l’attecchimento, la migrazione, la sopravvivenza settoriale, maculare e non, delle cellule autologhe biologicamente impiantate in terapie di auto-innesto sia mono sia pluricellulari (previo standardizzazione della tipologia cellulare statisticamente più efficace, quantitativamente e qualitativamente).

    Conclusioni

    Questi studi nonché le relative applicazioni finalizzate potrebbero in un prossimo futuro riscrivere le regole ed i cardini della terapia oculare, con l'eliminazione di molti dogmi e tradizioni consolidate ed in particolare ritardare lo sviluppo delle malattie oculari senili, con risvolti socio-sanitari evidenti e preminenti.

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