Coronavirus: che cosa c'è oltre le frontiere della scienza?


    Mentre la Commissione europea sta lavorando su tutti i fronti per sostenere gli sforzi in grado di affrontare l'epidemia (*), abbiamo parlato con due scienziati finanziati dall’ERC (European Research Council).

    AGGIORNAMENTO DELL'11/03/2020: L'OMS HA DICHIARATO IL CORONAVIRUS COVID-19 PANDEMIA

    Charlotte Uetrecht, biochimico specializzato in coronavirus e Philippe Lemey esperta di virologia evolutiva e computazionale, ci spiegano la scienza dei virus e delle epidemie e parlano della loro ricerca finanziata dall'UE.

    Visualizzazione a colori di una foto scattata al microscopio elettronico del coronavirus COVID-19. Credits: iStockphoto.Immagine 1 - Visualizzazione a colori di una foto scattata al microscopio elettronico del coronavirus COVID-19. Credits: iStockphoto.

    In che modo la tua ricerca è rilevante per l'attuale epidemia di COVID-19?

     

    Charlotte Uetrecht: quello che facciamo è ricerca di base per capire fondamentalmente come funzionano i coronavirus. Naturalmente, qualsiasi intuizione che otteniamo potrebbe essere utilizzata nel lavoro sul nuovo focolaio del coronavirus. Nel nostro laboratorio, stiamo già esaminando alcune delle proteine del nuovo virus per trasferire potenzialmente i nostri risultati sui lavori che si stanno conducendo sul nuovo ceppo del virus. Altri virologi del nostro Istituto sono maggiormente coinvolti nel trovare una risposta al COVID-19.

     

    Philippe Lemey: i nostri metodi di analisi evolutiva virale potrebbero essere utili per studiare l'origine di questo coronavirus. Vogliamo imparare in che modo questo virus si relaziona con altri membri della famiglia Sarbecovirus (include il virus SARS, Sindrome Respiratoria Acuta Grave. Questo potrebbe aiutarci a valutare in che misura siamo a rischio che si verifichino future emergenze di tali virus.

    Potremmo inoltre progettare strumenti per ricostruire la diffusione dell'agente patogeno in tempo reale. Stiamo tenendo traccia dei dati accumulati su COVID-19 e abbiamo istituito la struttura computazionale per essere pronti a svolgere un ruolo nel monitoraggio della diffusione di questo virus.

     

    Virus meno letale, più contagioso

     

    C'è qualcosa di unico in questa pandemia di COVID-19?

     

    Philippe Lemey: si tratta di qualcosa di unico considerando il nuovo agente patogeno, diverso dal precedente focolaio di SARS. Questo virus si è adattato in un modo diverso agli esseri umani. Rispetto ad altri virus SARS o MERS (Middle East Respiratory Syndrome, Sindrome Respiratoria medio-orientale) sembra che COVID-19 sia meno letale ma più contagioso.

     

    Charlotte Uetrecht: i virus si adattano e questo adattamento si traduce in una diffusione più rapida, una migliore immissione nelle cellule, una replicazione migliore e in molti casi questo va di pari passo con una riduzione del tasso di mortalità. I virus vogliono essere riprodotti. 

     

    Se un virus uccide il suo ospite troppo rapidamente la sua riproduzione termina, ciò non è vantaggioso per un agente patogeno. La maggior parte dei coronavirus umani non sono stati particolarmente pericolosi e sono stati considerati poco interessanti. 

    Fino ad alcuni anni fa i ricercatori che esaminavano i coronavirus avevano difficoltà a ottenere finanziamenti poiché semplicemente non erano considerati interessanti o rilevanti, poi è arrivata la SARS nel 2003 è tutto è cambiato. Questo è il motivo per cui sappiamo così poco su di loro.

     

    Charlotte Uetrecht è a capo di un gruppo di ricerca sulle dinamiche delle strutture virali dell'Istituto Heinrich Pette di Amburgo. Credits: HPI/Gisela KohlerImmagine 2 - Charlotte Uetrecht è a capo di un gruppo di ricerca sulle dinamiche delle strutture virali dell'Istituto Heinrich Pette di Amburgo. Credits: HPI/Gisela Kohler.

    Virus: il divario di conoscenza

     

    Quale potrebbe essere un divario di conoscenza nel tuo campo di ricerca che avremmo bisogno di colmare per essere più preparati per affrontare sfide come il coronavirus?

     

    Philippe Lemey: in generale abbiamo bisogno di una migliore comprensione delle dinamiche di trasmissione e di evoluzione dei virus nei loro serbatoi naturali. Questo è certamente anche il caso dei coronavirus. È difficile valutare il rischio che si verifichi un’emergenza legata a tali virus se non abbiamo una buona comprensione di come essi circolano in diversi animali e ambienti. Comprendere come un virus animale salta i confini delle specie e si trasmette agli esseri umani ci aiuterà a tenerci pronti per future epidemie. Ottenere informazioni su quali virus circolano nella popolazione animale ci permetterà di capire meglio quali di questi virus potrebbe trasmettersi agli esseri umani e quali mutazioni sono necessarie affinché ciò accada. Anche se gli attuali sviluppi dei vaccini possono essere specifici per COVID-19, le conoscenze che otteniamo attraverso lo sviluppo di questi vaccini potrebbero aiutarci a produrre vaccini più velocemente durante una futura emergenza.

     

    Charlotte Uetrecht: quello che mi piacerebbe vedere è un metodo per osservare e capire come i virus si modificano nel tempo e come cambiano le loro strutture. Potremmo quindi progettare molecole che impediscano a questi virus di funzionare. Oggi non è possibile. Quello che possiamo osservare adesso sono molte strutture statiche ma non possiamo davvero guardare processi e proteine al lavoro. 

    Questo è davvero quello che vorrei vedere ed è proprio ciò per cui sto lavorando nella mia ricerca. La mia speranza è che riusciremo ad avere una comprensione fondamentale di ciò che sta succedendo quando un virus del genere infetta una cellula. 


    In questo modo saremo in grado di sviluppare trattamenti molto più velocemente, avere meno effetti collaterali e una più ampia capacità antivirale contro diversi ceppi virali. Abbiamo già delle tecnologie che producono molti dati ma è impossibile per un essere umano passare attraverso tutto manualmente. Quindi l'intelligenza artificiale diventerà sempre più rilevante in questo settore della ricerca.

    Probabilmente abbiamo già avuto un coronavirus

     

    I Coronavirus sono stati con noi da sempre. Cosa rende alcuni di essi mortali?

     

    Philippe Lemey: probabilmente ognuno di noi può aver contratto un coronavirus ad un certo punto della propria vita, forse nella prima infanzia. Ci sono un certo numero di coronavirus umani che causano il comune raffreddore. Circolano nella popolazione umana e non sono particolarmente pericolosi. Non è facile rispondere a ciò che distingue questi virus del comune raffreddore da quelli più pericolosi come SARS, MERS o COVID-19. 

    Fondamentalmente si analizza il numero di danni che un virus riesce a compiere durante la replicazione nelle cellule umane. Le sottili differenze nell'efficienza con cui le varianti virali si attaccano alle cellule umane e nel grado di intensità della replicazione nelle cellule possono influenzare la loro virulenza. Un numero maggiore di danni può inoltre consentire altre co-infezioni e quindi il verificarsi di malattie più gravi.

     

    Immagine 3 - Philippe Lemey è uno dei principali ricercatori del gruppo di ricerca sulla Virologia evolutiva e computazionale presso l'università KU Leuven © P. LemeyImmagine 3 - Philippe Lemey è uno dei principali ricercatori del gruppo di ricerca sulla Virologia evolutiva e computazionale presso l'università KU Leuven © P. Lemey

    Charlotte Uetrecht: questo è qualcosa che ancora non capiamo. Ciò che è già noto è che il nuovo ceppo ha una leggera variazione nella superficie della sua proteina. Gli scienziati sospettano che questo rappresenti il motivo per cui può entrare più facilmente nelle nostre cellule e diffondersi più facilmente. Ma la diffusione non è direttamente correlata alla mortalità, quindi ci devono essere altre cose che si sfuggono. La SARS e l'attuale coronavirus sono molto simili quindi stiamo guardando ai cambiamenti sottili che fanno la differenza. Abbiamo bisogno di ulteriori ricerche sulla biologia di questi virus.

     

    Pericoloso ed elegante

    Cosa ti ha portato a studiare questa linea di ricerca?

     

    Philippe Lemey: sono sempre stato affascinato dalle creature che non possiamo vedere ad occhio nudo ma che comunque possono avere un tale impatto su di noi. Ho iniziato a studiare questo filone di ricerca quando la bioinformatica era in aumento ed ero incuriosito dalla possibilità di utilizzare strumenti computazionali per studiare i genomi di virus, inclusa la possibilità di ricostruire la loro storia evolutiva. Ho avuto un assaggio di questo filone di ricerca durante un breve corso per il mio progetto di tesi di master e da quel momento ho proseguito questo interesse.

     

    Charlotte Uetrecht: ho sempre amato le strutture proteiche, perché mi sembrano belle. Inoltre trovo i virus affascinanti. Sono costruiti in modo molto semplice. Alcuni contengono solo tre proteine diverse con una struttura che è in grado di fare da schermo per proteggere il loro genoma. Eppure sono in grado di diffondersi da un essere umano all'altro e di farci ammalare anche in modo grave. Sono mortali ma hanno qualcosa di elegante.

     

    Biografia

    La dott.ssa Charlotte Uetrecht dirige il gruppo di ricerca junior Dynamics of Viral Structures presso l'Istituto Heinrich Pette - Istituto Leibniz per la Virologia Sperimentale di Amburgo, Germania. Con la sua ricerca finanziata dal CER (Consiglio Europeo della Ricerca) cerca di capire come i coronavirus producano nuove particelle virali, come si replicano e in che modo funzionano. Per farlo la dott.ssa Uetrecht e il suo team sviluppano nuovi metodi e strumenti per esaminare in modo più dettagliato le strutture virali e i loro cambiamenti, utilizzando la spettrometria di massa.

    Philippe Lemey è un esperto in virologia evolutiva e computazionale. L'obiettivo del suo progetto finanziato dal CER è duplice. In primo luogo, per capire come i virus emergono e si stabiliscono nelle popolazioni umane. In secondo luogo, progettare strumenti statistici pratici per ricostruire la diffusione dei patogeni nelle epidemie in corso, sulla base dei loro dati genomici. Ciò ha il potenziale per fornire informazioni tempestive a coloro che gestiscono la risposta alle epidemie. Il professor Lemey e il suo team lavorano presso l'università KU Leuven, in Belgio.