Pirati un bottino da 80 milioni di dollari. L'italia nella top ten mondiale dei Paesi a rischio.


    Maxisequestri, denunce e arresti non rallentano la diffusione di prodotti duplicati o contraffatti.

    Le canzoni copiate arrivano prima sul web che nei negozi: sopravviveranno solo i big?

    Che cosa è l'FPM

    L’Fpm (Federazione contro la pirateria musicale), nasce nel 1996 su iniziativa dell’Ifpi (International federation of the phonographic industry) e della Fimi (Federazione dell’industria musicale italiana) con il preciso obiettivo di combattere il fenomeno della pirateria musicale mediante campagne di sensibilizzazione e attività informative.

    L’Fpm si occupa di monitorare il mercato identificando i casi di pirateria, segnalandoli alle forze dell’ordine e alla magistratura, collaborando sul piano tecnico su tutto il territorio nazionale e dando adeguata visibilità alle operazioni anti-pirateria.

    Ne sono soci anche Scf (Società consortile fonografici), Ancra (Associazione nazionale commercianti radio tv), Fem (Federazione editori musicali), Imaie (Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori, per la tutela dei diritti degli artisti), Pmi (Produttori musicali indipendenti) e Afi (Associazione dei fonografici italiani).


    Più di due milioni di Cd e Dvd sequestrati negli ultimi dodici mesi, 1.104 denunce e 389 arresti, 25 fabbriche illegali sgominate. La pirateria musicale in Italia vale 80 milioni di dollari l’anno, il 26 per cento del totale del mercato e, soprattutto, regala al nostro paese un posto poco invidiabile nella top ten dei paesi mondiali più vessati dalla piaga della contraffazione a fini di lucro.

    Lo dicono senza mezzi termini l’Fpm (la Federazione contro la pirateria musicale) e l’Ifpi (l’organizzazione che rappresenta l’industria discografica a livello mondiale): i dati, aggiornati al 31 dicembre 2006, consentono di tracciare un ritratto preciso e dettagliato della pirateria musicale nel nostro paese e in tutte le sue forme.

    Un quadro a tinte fosche, aggravato – a detta delle organizzazioni dei discografici – dalle pesanti infiltrazioni della criminalità organizzata nel business della musica pirata.

    Ma cosa si intende per pirateria musicale?

    Essenzialmente si tratta di una violazione del diritto d’autore (il copyright) a fini di lucro che, nel settore specifico, si identifica con la riproduzione e la diffusione non autorizzata di brani musicali.

    Secondo l’Fpm tale reato si può suddividere in tre principali gruppi: la duplicazione di un’opera musicale senza il consenso del titolare dei diritti, a scopo di lucro (riproduzione non autorizzata); la contraffazione, la forma di pirateria più sofisticata, in cui si duplica un prodotto (compresi logo e marchi autoritativi) allo scopo di venderlo come originale ma che originale, assolutamente, non è; il noleggio di copie originali senza l’autorizzazione del titolare dei diritti.

    I dati sulla pirateria in Italia si articolano su tre tracce precise (persona, mezzo e luogo): arrestati e denunciati; numero di masterizzatori sequestrati; luoghi nei quali la pirateria si afferma.

    Nel primo caso si assiste a un forte incremento di denunce e arresti per l’anno 2005 (1.189 denunce e 519 arresti), rispetto all’anno precedente (876 e 483 rispettivamente), per registrare poi un calo degli stessi per il 2006 (1.104 e 389).

    Se nel caso dei denunciati il decremento rimane comunque maggiore del dato 2004, testimoniando un’attività 'importante' delle forze preposte a questo controllo, nel caso degli 'arrestati' il dato 2006 è più basso sia di quello 2005 che, curiosamente, di quello 2004. Non è facile interpretare la curva discendente: forse, con l'aumentare dell'attività illegale su Internet risulta più critico assicurare i colpevoli alla giustizia, magari perché non fisicamente presenti in Italia.

    La stessa oscillazione si nota nel caso dei masterizzatori sequestrati, per i quali, dopo un decremento, seppur minimo, nel 2005 (dai 1.672 del 2004 a 1.509), assistiamo ad un incremento per l'anno 2006 (ben 1.702).

    In questo caso, le motivazioni sono di ordine opposto a quelle desunte dai dati precedenti: le forze dell'ordine hanno più facilità nel rintracciare il sistema 'fisico' fonte di contraffazione e, in questo, sembrano aver migliorato i loro mezzi.

    Tra l'altro, il dato collima con quello dei Dvd masterizzati sequestrati, per i quali si registra un forte incremento per l'anno 2006, cosa che non è accaduta per i Cd.

    Infine, il dato sulla pirateria fisica, ossia sul luogo dove materialmente si compie il reato (la vendita del prodotto contraffatto): le rivendite ambulanti sono le più interessate (con un leggero incremento di diffusione per l'anno 2006: ma da sole esse rappresentano ancora il 59 per cento del totale), questo per chiari motivi di difficoltà nel rintracciarle; subito dopo, ma con appena il 16%, ci sono i privati e le centrali di masterizzazione con un lievissimo decremento rispetto agli anni precedenti.

    Il fenomeno pare diffuso anche nei negozi musicali di vendita e noleggio (7%) ma, in generale, si può dire che il mercato nero la faccia da padrone e questo la dice lunga sulle possibilità che il movimento offre alle organizzazioni criminali.

    Le statistiche sul file sharing e la pirateria digitale integrano l’analisi dei dati precedenti e aiutano a comprendere quelle che probabilmente saranno le nuove frontiere della pirateria: sempre più "immateriale" e affidata ai canali virtuali della rete.

    È in piena esplosione, infatti, un vero e proprio 'mercato on line' della musica illegalmente scaricata, cui anche organizzazioni malavitose ramificate si dedicano con profitto: secondo i dati dell'Fpm, nel corso del 2005 i brani disponibili in rete per il download illegale erano un miliardo e mezzo, con 20 miliardi di brani complessivamente scaricati e punte di 10 milioni di utenti attivi allo stesso momento.

    Un mercato enorme che, grazie ad una capillare rete di rivenditori abusivi, ha causato, all’industria discografica, un mancato introito di circa 60/80 milioni di dollari solo in Italia: qui il 25% del mercato sarebbe nelle mani di pirati, con punte del 40% nel Mezzogiorno.

    Come inserire questi dati nel più ampio panorama della pirateria mondiale?

    Ci aiuta la già citata Ifpi con il suo 'Piracy Report 2006'.

    Da un punto di vista generale, il nostro Paese viene inserito nella lista, non certo meritoria, dei cosiddetti 'priority countries', secondo un criterio ben preciso: l'importanza del mercato illegale (rispetto al mercato interno al dettaglio), la tendenza all’accrescimento di questo mercato a livello locale e il tipo di soluzioni che il Governo cerca di porre al problema.

    L'Italia, sempre secondo il rapporto, è il Paese dell’Europa occidentale (seguito dalla Spagna) che presenta i maggiori problemi in fatto di pirateria fisica, in special modo di quella legata al crimine organizzato.


    L'industria musicale italiana sul web

    Pro Music (www.pro-music.it) è il portale per la promozione della musica digitale legale, realizzato da Fimi e Fpm.

    Il sito diffonderà in rete una guida contro i potenziali rischi del P2P: una vera e propria campagna informativa rivolta principalmente alle famiglie, nata allo scopo di educare i giovani sul fenomeno del file-sharing non autorizzato su Internet e sui rischi per la sicurezza dei minori (vedi ad esempio file contenenti immagini pedopornografiche spesso camuffati da file contenenti brani o video di artisti famosi).

    Quello della sicurezza informatica – osservano alla Fimi – è infatti un problema particolarmente avvertito dai consumatori italiani: lo evidenzia anche una recente ricerca Doxa, realizzata a gennaio 2007, da cui si evince che l’87% dei ragazzi e il 74% degli adulti, temono danni generati da virus e che, percentuali superiori all’85%, ritengono alto il rischio di molestie e adescamenti attraverso la rete.


    Come già ricordato, su di un mercato interno al dettaglio del valore di 670 milioni di dollari, ben 80 milioni di dollari (25/26%) si indirizzano verso il mercato illegale, sono cioè introiti perduti e vanno ad ingrossare il portafoglio criminale.

    Certo, siamo ancora ben lontani dall’88% dell’Indonesia, dall’85% della Cina, dal 67% della Russia o dal 50% della Grecia ma, fatte le debite differenze, non possiamo certo andar fieri del primato europeo.

    Sempre in tema di download, e a supporto delle proprie tesi sulla minaccia della musica scaricata illegalmente via Internet, l’Ifpi porta l’esempio, emblematico, di un singolo dell’album "Meds" dei Placebo, disponibile online ben prima di arrivare nei negozi per la distribuzione tradizionale.

    La 'timeline', elaborata su scala mondiale, è sconcertante e mette in luce il legame profondo tra diffusione online della musica pirata e la produzione di copie "fisiche" destinate ad alimentare ulteriormente il mercato illegale.

    L’Ifpi individua una serie di priorità cui il nostro Paese dovrebbe puntare per migliorare una non certo rosea situazione: inserire nel sistema giudiziario procedure più efficaci per contrastare i crimini legati al furto del copyright (in sostanza, leggi più severe e sentenze più veloci); educare i giudici ad una migliore comprensione del problema del furto della 'proprietà intellettuale' e sui legami con la criminalità organizzata; incrementare l'impegno delle forze dell'ordine contro la pirateria basata, soprattutto, sull’uso di sistemi P2P, i più difficili da individuare e bloccare.

    Una in particolare dovrebbe, a nostro avviso, essere maggiormente perseguita: l’educazione del pubblico all'importanza del copyright. Solo dando il giusto valore al lavoro delle persone si può sperare di emarginare il problema del parassitismo musicale: un compito che i governi di tutti i Paesi dovrebbero risolvere sulla base della loro diretta e personale conoscenza dei cittadini e delle loro abitudini.

    Se questo passo non sarà compiuto ne risentirà la diffusione stessa delle migliori idee dei nostri giovani.

    E non solo di quelle in campo musicale.

    Dossier del Registro italiano del CNR:

    dossier/2007/sono_un_pirata_ed_un_signore

    24/04/2007

    Per informazioni:

    E-mail: newsletter AT nic DOT it Web: www.nic.it