Esoscheletro robotico controllato dal pensiero


    Un gruppo di ricercatori dell'Università della Corea e dell'Università Tecnica di Berlino ha sviluppato un'interfaccia cervello-computer per controllare un esoscheletro attraverso la decodifica di specifici segnali provenienti dal cervello umano.

    Un volontario mentre effettua la calibrazione dell'interfaccia BCI. Credit: (c) Korea University / TU Berlin
    Figura 1 - un volontario mentre effettua la calibrazione dell'interfaccia cervello-computer. Credit: (c) Korea University / TU Berlin      

    Il prototipo, alimentato a batterie, è composto da due gambe robotiche che vengono comandate dalla mente umana attraverso un sistema basato sulla rilevazione dei segnali EEG. L'uomo che indossa l'esoscheletro nell'esperimento (vedere video in basso) è in grado di camminare normalmente sulle proprie gambe (si tratta infatti di uno dei volontari partecipanti allo studio recentemente pubblicato dai ricercatori) tuttavia, gli scienziati pensano che il nuovo dispositivo potrebbe essere utilizzato dalle persone che non possono camminare (ad es.: quelle che hanno subito lesioni gravi alla colonna vertebrale oppure le persone affette da malattie neurodegenerative come la sclerosi laterale amiotrofica).

    Funzionamento dell'esoscheletro

    Per pilotare l'esoscheletro la persona deve innanzitutto indossare sulla propria testa una cuffia EEG. La cuffia EEG infatti rileva le onde cerebrali (attraverso gli elettrodi attaccati al suo interno) che vengono prodotte mentre la persona sceglie con lo sguardo il movimento da impartire all'esoscheletro (in avanti, girare a sinistra e a destra, fermarsi).
    In sostanza, gli elettrodi rilevano i flash prodotti dai led, scrivono i ricercatori. La persona che indossa l'esoscheletro fissa di volta in volta uno dei 5 led lampeggianti dell'unità di stimolazione visiva: il suo cervello produce immediatamente un particolare segnale elettrico in risposta agli impulsi luminosi generati da uno dei led. Un piccolo led controller attaccato esternamente all'esoscheletro è collegato all'unità di stimolazione visiva (a cui sono attaccati i diodi led luminosi che emettono i segnali di luce secondo le diverse sequenze di flash). I comandi (o movimenti) specifici che l'esoscheletro può eseguire vengono infatti impartiti proprio da queste diverse sequenze di flash.

    Tali onde vengono captate dagli elettrodi che si trovano all'interno della cuffia EEG, vengono convertite in segnali digitali e immediatamente inviate (attraverso un trasmettitore wireless) ad un computer esterno. Tali segnali vengono quindi elaborati dal computer e reinviati all'esoscheletro: un'unità di controllo muove i motori elettrici necessari a produrre il movimento delle gambe robotiche (vedere lo schema rappresentato in figura 2).

    Componenti dell'esoscheletro. Credit: (c) Korea University / TU BerlinFigura 2 - I componenti dell'esoscheletro.

    Numerosi gruppi di ricercatori in tutto il mondo stanno lavorando allo sviluppo di tecnologie in grado di aiutare le persone a riacquistare il controllo dei propri movimenti utilizzando la robotica e i sistemi basati sulle interfacce cervello-computer. Non è la prima volta che alcuni pazienti completamente paralizzati sono stati in grado di muovere dispositivi robotici attraverso il pensiero: l'ultimo in ordine di tempo è il caso di Erik Sorto (un uomo tetraplegico di 34 anni rimasto paralizzato 13 anni fa a seguito delle ferite riportate in una sparatoria), che è riuscito ad afferrare un bicchiere attraverso il movimento di un braccio robotico; nel 2011 e nel 2012 due donne completamente paralizzate (la prima a causa di una malattia genetica del cervelletto, la seconda a causa di un ictus) sono riuscite a controllare un braccio robotico per compiere delle "semplici" azioni (ad es.: afferrare un bicchiere e portarlo alla bocca).

    Se già i ricercatori sono stati in grado di far compiere delle azioni a persone completamente paralizzate utilizzando dispositivi robotici, cosa differenzia questo dispositivo dagli altri utilizzati in passato?

    Le tecnologie già utilizzate sono tecniche invasive poiché prevedono l'impianto di microchip all'interno del cranio dei pazienti attraverso degli interventi chirurgici. Dopo l'impianto tali microchip vengono collegati con dei cavi a delle interfacce che servono a decodificare e trasmettere gli impulsi per controllare il movimento dei dispositivi robotici. Quindi il sistema che i ricercatori coreani e tedeschi stanno sviluppando sembrerebbe essere il primo che non prevede un intervento invasivo per far funzionare tali dispositivi di ausilio.


    https://youtu.be/PPgLeMesbWg

    L'installazione è "affidabile e intuitiva", scrive Klaus Müller, professore di informatica del dipartimento dell'Università Tecnica di Berlino e principale autore del nuovo studio che spiega la ricerca. La tecnologia è considerata affidabile perché l'interfaccia funziona anche se l'esoscheletro crea tutta una serie di segnali elettrici che potrebbero interferire con i segnali del cervello di una persona. Si tratta inoltre di una tecnologia intuitiva perché, nonostante tutte le diverse fasi presenti nel processo di controllo, è piuttosto semplice fare in modo che l'esoscheletro effettui i movimenti richiesti senza particolari ritardi (sono necessari pochi secondi per ottenere il movimento desiderato), prosegue Müller.

    L'interfaccia cervello-computer non è esente da problemi. Infatti come prima cosa, tutti i 12 partecipanti allo studio hanno dovuto sottoporsi a uno screening per l'epilessia prima di partecipare, e lo stesso Müller sostiene che fissando il lampeggio dei LED per lunghi periodi di tempo ha avuto mal di testa.

    In futuro i ricercatori sperano di creare un sistema simile che causi meno "affaticamento della vista", scrive Müller. L'altro ostacolo importante è rappresentato dai costi dell'esoscheletro. Non solo i ricercatori dovranno infatti effettuare tutta una serie di costosi studi clinici prima che tale dispositivo possa essere impiegato da pazienti reali, anche i pazienti dovranno sostenere dei costi per poter avere tale esoscheletro. Infatti riuscire a far pagare anche solo una parte dei costi di tale dispositivo tecnologico alle compagnie di assicurazione potrebbe forse essere una delle parti più difficili del processo, sostiene il prof. Müller.