Parkinson e Nutrizione


    Il parkinson è una malattia che con il tempo diventa fortemente invalidante, conviverci non è semplice né per il paziente né per chi lo assiste. La nutrizione svolge un ruolo importante nel decorso della patologia, ma spesso né il malato né i suoi congiunti sanno in che modo una corretta alimentazione possa aiutarli ad affrontare la loro malattia. Abbiamo chiesto maggiori informazioni al Professor Fabrizio Stocchi, Direttore del Centro per la ricerca e cura del Morbo di Parkinson del San Raffaele di Roma , docente di Neurologia presso l'Università "La Sapienza".

    02/07/2007 Il Parkinson è una malattia ingravescente che nel corso degli anni procura un'intollerabile disabilità del paziente: la sua eziopatogenesi è ancora ignota per cui non esiste una cura risolutiva. La malattia si caratterizza per movimenti lenti, per la rigidità muscolare, per il tremore e per il disturbo nella deambulazione e nella voce: tali difficoltà sono imputabili ad una deplezione dopaminergica dei gangli della base.

    La L-Dopa è sicuramente il farmaco più importante a disposizione nella cura del Parkinson è infatti il precursore aminoacidico della dopamina e aiuta a ripristinare le riserva di dopamina striatale; di solito si somministra con un inibitore della dopadecarbossilasi che riduce la conversione periferica della L-Dopa a dopamina che non è in grado di attraversare la barriera emato encefalica.

    I livelli di L-Dopa nel sangue vengono influenzati da fattori che interferiscono con il suo assorbimento nel piccolo intestino: in particolare la deglutizione della pasticca stessa e la velocità di svuotamento gastrico che in gran parte è determinata dal cibo e dal suo contenuto proteico, possono interferire con il passaggio della L-Dopa attraverso la barriera emato encefalica.

    Il mancato assorbimento della L-Dopa si traduce in un prolungato periodo di OFF ovvero di blocco del paziente nei soggetti che già evidenziano fenomeni ON-OFF e in oscillazioni plasmatiche potenzialmente deleterie anche nei pazienti con terapia stabile.

    La L-Dopa, quindi, andrebbe assunta lontano dai pasti e bisognerebbe prestare molta attenzione alla dieta: l'ideale sarebbe ridurre l'apporto di cibo durante il giorno limitandosi ad alimenti particolarmente digeribili al fine di migliorare il transito gastrico; importante è anche ridurre l'apporto proteico e tentare di evitare quei cibi che per la loro composizione aminoacidica potrebbero competere con la L-DOPA per il trasporto attraverso la barriera ematoencefalica.

    È consigliabile dunque, una dieta equilibrata che escluda cibi difficilmente digeribili o che impegnino a lungo lo stomaco.

    Fra gli effetti collaterali più comuni indotti dalla L-Dopa vi sono soprattutto la nausea e il vomito, per minimizzarli sarebbe bene assumere la L-Dopa durante o subito dopo i pasti almeno ad inizio terapia: dopo circa un mese però l'organismo inizia a ben tollerare il farmaco per cui se ne può spostare l'assunzione lontano dai pasti.

    D: Dottor Stocchi, alla luce di quanto sopra descritto, qual è il momento migliore per assumere la L-Dopa? Un miglioramento della dieta può davvero ridurre l'incidenza dei momenti off?

    R:

    Sarebbe bene assumere il farmaco almeno mezz'ora prima del pasto, ma questo non sempre è possibile perché spesso il paziente deve prendere la L-Dopa più volte al giorno. Una buona dieta può sicuramente migliorare l'efficacia della terapia: il miglior suggerimento è quello di mangiare poco e spesso individuando i cibi più digeribili, in particolare una dieta con alimenti ipoproteici può essere particolarmente adatta nei pazienti con forme di Parkinson severe e complicate.

    Molto controverso anche l'uso della vitamina E: alcuni studi clinici hanno ipotizzato un suo ruolo nel rallentare il decorso della patologia, forse perché la vitamina E si comporta come uno scavenger per i radicali liberi. Al momento l'integrazione con vitamina E viene raccomandata solo nei bambini piccoli con colestasi congenita e anomalie neuromuscolari: in questa evenienza i piccoli pazienti rispondono molto bene alla somministrazione parenterale con vitamina E.

    D: Dottor Stocchi, qual è il ruolo della Vitamina E nel Parkinson? È opportuna un'integrazione nutrizionale o è sufficiente una dieta molto ricca in alimenti che contengono vitamina E?

    Studi recenti molto convincenti in doppio cieco controllati indicano come la vitamina E sia inefficace nel Parkinson.

    D: Viviamo nell'era degli integratori nutrizionali: ve n'è qualcuno che davvero potrebbe essere utile nel Parkinson?

    R:

    I dati in letteratura fin'ora disponibili sembrano indicare una certa efficacia del Coenzima Q10 (CoQ10) nel rallentare il decorso del Parkinson; altri studi, inoltre, stanno vagliando le potenzialità della creatinina.

    Sitografia

    EPDA - European Parkinsons's Disease Association www.epda.eu.com

    Articolo LSWN i_molteplici_usi_del_coenzima_q10